IOT: CHI È CHE GUIDA?

LO SPIEGA IL WORLD ECONOMIC FORUM

COME EVOLVONO
LE ECONOMIE DIGITALI?
 

La risposta a questa domanda viene da un documento diffuso ogni anno dal World Economic Forum.

Si tratta del Global Information Technology Report, una panoramica di cifre e dati utili a tracciare l’evoluzione del mondo digitale sulla base del Networked Readiness Index.

Si tratta di un indicatore, basato a sua volta su diversi fattori:

  • l’impatto del digitale nel tessuto economico e sociale dei vari Paesi
  • l’uso delle reti da parte di privati, aziende e pubbliche amministrazioni
  • la presenza delle infrastrutture di rete
  • il contesto politico-normativo
  • l’ecosistema di business

CHI È LA GUIDA DELL’IOT NEL MONDO?

Secondo il Report è Singapore.

Il quarto centro finanziario al mondo è forte di un ambizioso progetto quinquennale di sviluppo:
avere entro il 2022 una rete composta da
100 milioni di dispositivi intelligenti connessi tra di loro via wireless.

OLTRE A SINGAPORE

L’obiettivo del leader è elaborare dati per elevare la qualità dei servizi offerti ai cittadini. In altre parole, attraverso l’IoT Singapore vuole crescere come Smart City: la digitalizzazione della città tra sensori interconnessi, reti 4G, 5G e droni, è sicuramente un esempio virtuoso di programmazione urbana.

GLI ALTRI PAESI

L’esempio per piccolo centro asiatico è evidentemente di riferimento anche per altri Paesi, impegnati a non perdere l’appuntamento con le nuove sfide aperte dal digitale. Il Rapporto cita soprattutto Finlandia, Svezia, Norvegia, Stati Uniti, Olanda, Svizzera, Regno Unito, Lussemburgo e Giappone.

E L’ITALIA?

Purtroppo da noi le cose sono decisamente migliorabili: il Report ci colloca al 45esimo posto su 139 Paesi considerati.

I nostri problemi non sono pochi: per esempio, il diffondersi delle connessioni alla banda larga fissa e i relativi costi sono ancora troppo alti.

Tra gli altri punti punti deboli spiccano l’inefficienza degli organi legislativi, l’esigua disponibilità di venture capital e il peso del fisco sugli utili delle aziende.

Forse è anche questa una delle ragioni per le quali sono più i privati che le aziende stesse, secondo l’indagine, a essere avvezzi alle nuove tecnologie i privati che le aziende. Quanto alla PA, quella italiana è al 62esimo posto della classifica sul piano della digitalizzazione.

Per fortuna ci sono anche note di merito: tra queste spiccano la Carta dei diritti in Internet approvato nel luglio 2015, e il piano nazionale Industria 4.0.

L’OSTACOLO DEL DIGITAL DIVIDE

Passiamo dal report del WEF per concentrarci su quello della Banca Mondiale. Da quest’ultimo apprendiamo che Digital divide (o divario digitale) resta decisamente elevato: il 60% della popolazione mondiale non sarebbe connesso

In particolare, a disporre di connessioni a banda larga risulterebbero secondo il rapporto appena 1,2 miliardi di persone. Per fare tre esempi: In India gli utenti offline sarebbero 1 miliardo e 100 milioni, mentre in Cina 775 milioni e in Indonesia 213 milioni.

È vero che l’utilizzo del web dal 2005 al 2015 è più che triplicato; tuttavia, quello degli esclusi dalla rete è ancora un numero decisamente troppo grande.

 

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